Day non è mai stata infatti così anticipata, e l’ultimo anno nel quale siamo stati in equilibrio con la produttività naturale, ovvero con giorno del sovrasfruttamento al 31 dicembre, è stato il 1970.
Ci stiamo mangiando il capitale naturale, pescando troppo pesce, abbattendo troppe foreste, bruciando troppo petrolio e carbone, inquinando l’atmosfera e cambiando il clima, cementificando i suoli, estinguendo per sempre specie viventi. Chi pagherà questo debito? Soprattutto i nostri figli e nipoti che troveranno un pianeta depauperato, inquinato, surriscaldato. Il problema è
noto da decenni, ma non è mai stato preso sul serio, al punto che nel 2017 oltre 15.000 scienziati di tutto il mondo coordinati da William Ripple dell’Università dell’Oregon, hanno firmato il secondo allarme ambientale all’umanità, dopo quello lanciato alla conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro nel 1992.
Se uniamo le inquietudini della comunità scientifica all’enciclica ambientale “Laudato Si’” che papa Francesco ha pubblicato nel 2015 ci rendiamo conto di quanta sia la distanza tra gli annunci e le azioni.
Tutto avviene troppo lentamente, una scarsa presa di coscienza di cittadini e politica, una fiacca diffusione delle nuove tecnologie verdi, un conflitto tra interesse economico di parte e collettività. Anche la scuola è indietro sull’educazione ambientale. Studiamo ancora le Guerre Puniche ma non abbastanza il Riscaldamento Globale.
I nostri studenti dovrebbero avere come primo obiettivo formativo il quadro degli inediti problemi posti dall’Antropocene, la recentissima età geologica dove l’uomo è protagonista dei cambiamenti a lungo termine che avvengono sul pianeta.
Tutti i saperi devono partecipare a questa sfida: le scienze naturali prima di tutto, ma pure quelle umane, perché anche letteratura, storia e filosofia possono aiutarci a programmare il futuro, a patto di calarsi nelle vere questioni scottanti contemporanee: sovrappopolazione, migrazioni, cambiamenti climatici, limiti fisici del prelievo di risorse naturali, sfruttamento agricolo e forestale, perdita di biodiversità.
La scuola deve avere il coraggio di mettere in discussione gli stili di vita delle famiglie: eccesso di consumi superflui, enorme produzione di rifiuti e riciclo ancora modesto, troppi viaggi in aereo e in automobile, necessità di una rapida riqualificazione energetica degli edifici, scelta di una dieta ad alta componente vegetale e a filiera corta, passaggio alle energie rinnovabili. Tutte cose che senza aspettare le decisioni della complessa politica internazionale possono già essere realizzate individualmente.
Luca Mercalli
Presidente Società Meteorologica Italiana
e giornalista scientifico RAI e La Stampa